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L'Italia sono anch'io, per una nuova cittadinanza

giovedì 23 giugno 2011

La Rete Primo Marzo è tra i promotori della campagna L'Italia sono anch'io per una nuova legge sulla cittadinanza (basata sullo ius soli) e per il riconoscimento del diritto di voto amministrativo agli immigrati che vivono in Italia da più di 5 anni. A seguire, il manifesto della campagna che può essere scaricato in pdf cliccando qui.

«Le persone di origine straniera che vivono in Italia sono oggi circa 5 milioni (stima Dossier Caritas Italiana Fondazione Migrantes al 1° gennaio 2010), pari all’8 % della popolazione totale. Di questi un quinto circa sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Nati in gran parte in questo Paese, solo al compimento della maggiore età si vedono riconosciuto il diritto a chiederne la cittadinanza. Il luogo di provenienza dei loro genitori è lontano, spesso non ci sono mai stati. A loro, alle loro famiglie, vengono per lo più frapposte soltanto barriere. Limitazioni insormontabili e ingiustificate, che danno luogo a disuguaglianze, ingiustizie e persecuzioni.

L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell’uguaglianza tra le persone, impegnando lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento. Ma nei confronti di milioni di stranieri questo principio è disatteso.

Noi, uomini e donne che considerano l’uguaglianza valore fondante di ogni democrazia e la decisione di persone di origine straniera di diventare cittadini/e italiani/e una scelta da apprezzare e valorizzare, siamo convinti che la battaglia per il riconoscimento dei diritti di ogni individuo sia decisiva per il futuro del nostro Paese.

Tutti e tutte dobbiamo assumercene la responsabilità e operare perché l’Italia sia più aperta, accogliente e civile. Per questo ci impegniamo a:

1. Promuovere in ogni ambito l’uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana.

2. Agire a tutti i livelli affinché gli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza tra italiani e stranieri vengano rimossi, determinando le condizioni per la sua concreta realizzazione.

3. Promuovere la partecipazione e il protagonismo dei migranti in tutti gli ambiti sociali, lavorativi e culturali. Siamo infatti convinti che esercizio della cittadinanza significhi innanzitutto possibilità di partecipare alla vita e alle scelte della comunità di cui si fa parte.

4. Avviare un percorso che porti alla presentazione in Parlamento di due proposte di legge di iniziativa popolare:

- una proposta di legge che riformi la normativa sulla cittadinanza, aggiornando i concetti di nazione e nazionalità sulla base del senso di appartenenza ad una comunità determinato da percorsi condivisi di studio, di lavoro e di vita;

- una proposta di legge che riconosca ai migranti il diritto di voto nelle consultazioni elettorali locali, quale strumento più alto di responsabilità sociale e politica.

A sostegno di quanto proposto, ricordiamo che la Convenzione europea sulla Nazionalità del 1997 già chiedeva agli Stati di facilitare l’acquisizione della cittadinanza per “le persone nate sul territorio e ivi domiciliate legalmente ed abitualmente”.

Sentiamo l’urgenza di riportare il tema della cittadinanza all’attenzione dell’opinione pubblica ed al centro del dibattito politico; per farlo, intendiamo impegnarci con una raccolta di firme e l’organizzazione di eventi e iniziative capaci di sollecitare organizzazioni e singoli a dar vita ad un movimento trasversale e unitario sul tema del diritto di cittadinanza.

Facciamo appello alle Istituzioni, alle forze politiche e sociali, al mondo del lavoro e della cultura, a tutte le persone che vivono in Italia, affinché ognuno svolga il ruolo che gli compete per costruire un futuro di convivenza, giustizia e uguaglianza in cui a ogni individuo che nasca e viva nel nostro Paese sia consentito di essere a tutti gli effetti cittadino/a italiano/a.

Comitato promotore

ARCI, ACLI, ASGI – ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI GIURIDICI SULL’IMMIGRAZIONE, CARITAS ITALIANA, CENTRO ASTALLI, CGIL, CNCA - COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE COMUNITÀ D’ACCOGLIENZA, COMITATO 1° MARZO, EMMAUS ITALIA, FCEI - FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA, FONDAZIONE MIGRANTES, LIBERA, LUNARIA, IL RAZZISMO È UNA BRUTTA STORIA, RETE G2 – SECONDE GENERAZIONI, TAVOLA DELLA PACE E COORDINAMENTO NAZIONALE DEGLI ENTI PER LA PACE E I DIRITTI UMANI, TERRA DEL FUOCO, UGL SEI, CARLO FELTRINELLI, editore, GRAZIANO DELRIO, sindaco Reggio Emilia (presidente)

Per adesioni:

info@litaliasonoanchio.it tel. +39 348 655 4161

A proposito di Cie

lunedì 20 giugno 2011

Dal suo esordio la rete “Primo Marzo” ha chiesto la chiusura dei Cie considerando la loro esistenza inaccettabile sul piano umano e incompatibile con lo stato di diritto: queste strutture limitano infatti la libertà personale di donne e uomini migranti in nome di una violazione puramente amministrativa e sono teatro di molteplici illegalità quotidiane. Esse hanno dimostrato anche di essere incapaci di servire al loro scopo dichiarato e spaventosamente costose.

Alla luce di questi dati obiettivi, la decisione di prolungare fino a 18 mesi il periodo di trattenimento degli “ospiti” dei Cie – che sono a tutti gli effetti dei reclusi - si palesa nella sua totale irrazionalità e dimostra l’assenza di serie politiche migratorie in Italia.

Riproponendo costantemente la logica dell’emergenza il governo tenta di recuperare consensi e colpisce, attraverso il razzismo istituzionale, i quasi cinque milioni di migranti che vivono e lavorano in Italia.

Inaccettabili appaiono anche le recenti circolari che inibiscono ulteriormente agli operatori dell’informazione, agli amministratori locali, alle associazioni di sostegno dei migranti, la possibilità di accedere a detti luoghi per verificare cosa effettivamente accada lì dentro.

Per tale ragione torniamo a chiedere che i Cie vengano chiusi e sosteniamo le iniziative di denuncia, di ispezione e di mobilitazione civile intraprese da alcuni giornalisti e dall'ASGI e prontamente raccolte dalla FNSI, dall’Ordine dei Giornalisti e da un nutrito gruppo di parlamentari.

I comitati territoriali “Primo Marzo” si attiveranno laddove saranno organizzate iniziative di mobilitazione e di sensibilizzazione attorno a questo tema. A partire dalla mobilitazione contro precarietà e razzismo istituzionale del 25 giugno

Appello per una mobilitazione nazionale dei migranti

Appello per una mobilitazione nazionale dei migranti e con i migranti, contro il razzismo istituzionale e contro la precarietà

La clandestinità non è più un reato penale! La Corte di Giustizia europea ha cancellato la possibilità di arresto per i migranti e delle migranti che non lasciano il paese dopo un’espulsione. La circolare Manganelli non dovrebbe esistere più! Il Consiglio di Stato ha di fatto riaperto la questione della sanatoria “truffa” del 2009, segnando una significativa vittoria per il movimento dei migranti che ha lottato per mesi per la regolarizzazione di tutti coloro che avevano fatto domanda.Eppure, il Ministro Maroni ha nuovamente bloccato le pratiche dei migranti colpiti dalla cosiddetta circolare Manganelli, e minaccia anche di reintrodurre il reato di clandestinità per decreto.

Intanto la Bossi-Fini continua a funzionare a causa del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, dentro la crisi economica. È la schiavitù dei pezzi di carta: avere quel pezzo di carta che si chiama permesso di soggiorno è un percorso a ostacoli tra incertezza e arbitrio. Prima di ottenerlo, passano molti mesi in cui la vita dei migranti è legata al pezzo di carta della ricevuta postale che attesta la richiesta di rinnovo. E il pezzo di carta del permesso di soggiorno lo si può rinnovare solo se in tasca si hanno altri pezzi di carta: un reddito sufficiente che testimoni che si hanno i mezzi per restare. Un pezzo di carta che si compra con altri pezzi di carta, al prezzo dello sfruttamento. Ai migranti è poi chiesta la residenza, ma anche la residenza diventa un pezzo di carta difficile da ottenere se nella crisi si perde la casa, o se la casa non si mai avuta.

Non è solo avere o non avere un permesso di soggiorno a determinare la precarietà migrante. Difficoltà burocratiche, tempi di attesa, l’intermediazione delle Poste, assenza d’informazioni sicure, brevità dei permessi per ricerca lavoro, validità parziale delle ricevute postali, maltrattamenti, sono tutti elementi che contribuiscono a determinare una condizione di precarietà che dal lavoro si estende a tutta la vita. D’altra parte si tratta di una scelta politica, e lo dimostra il fatto che i permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciato per una parte dei migranti sfollati da Lampedusa sono stati rilasciati dal Governo, dopo un accordo con Poste Italiane e la Zecca di Stato, in pochi giorni e a costo zero. Il punto è che su questa precarietà imposta dall’alto fanno profitti i datori di lavoro e su di essa si fonda anche la gestione della crisi e del welfare: sulle donne migranti impiegate nelle case si scarica il taglio ai servizi sociali; i contributi versati all’INPS da tutti i migranti servono per coprire i buchi, mentre la maggior parte dei migranti questi soldi non li vedrà mai perché la legge rende quasi impossibile un’esistenza regolare.

Il lavoro migrante è stato per anni il laboratorio della precarizzazione e continua a esserlo, perciò questi problemi non riguardano solo i migranti, ma sono parte di un ricatto che si estende a tutti i lavoratori e le lavoratrici: la precarietà è la condizione comune che ci divide, e la prima divisione che viene creata è proprio quella tra migranti e non migranti, tra chi dipende dal razzismo istituzionale per poter accedere ad ogni servizio e chi no, tra regolare e clandestino, tra chi può essere rinchiuso in un CIE e chi no.


Per questo diverse realtà che hanno partecipato agli Stati Generali della precarietà 3.0 lanciano per tutta la seconda metà di giugno una campagna di mobilitazione nazionale articolata sul piano territoriale e che avrà il suo culmine il prossimo 25 giugno. Dopo le recenti e diffuse mobilitazioni sul piano locale sulla vicenda della sanatoria truffa e la gestione dei permessi di soggiorno, la minaccia del ministro degli Interni di reintrodurre il reato di clandestinità per decreto e i gravissimi fatti che riguardano il CIE di Santa Maria Capua Vetere, invitiamo tutte e tutti a manifestare con noi. Puntiamo a una mobilitazione che punti dritto al nodo principale attraverso cui passa il razzismo istituzionale: la gestione dei permessi di soggiorno da parte del Ministero degli Interni attraverso le Questure. Vogliamo una mobilitazione che veda migranti e non migranti insieme, perché lottare contro il razzismo istituzionale significa lottare contro la precarietà di tutte e tutti e dire basta a quei pezzi di carta che pretendono di renderci schiavi!

Nelle diverse iniziative, manifesteremo per:

▪ la regolarizzazione e il rilascio di titolo di viaggio per chi arriva in Italia sprovvisto di passaporto o è presente irregolarmente;

▪ la regolarizzazione dei migranti coinvolti nella sanatoria truffa 2009;

▪ il mantenimento del permesso di soggiorno per chi perde lavoro nella crisi e il prolungamento del permesso per ricerca lavoro;

▪ lo sveltimento delle procedure di rinnovo e di ricongiungimento familiare da parte delle Questure;

▪ il rilascio di permessi la cui data di validità parta dalla consegna e non dal momento della domanda;

▪ il rilascio del certificato di residenza per chi vive in occupazioni o strutture di accoglienza;

▪ la fine della detenzione amministrativa e la chiusura dei CIE.

Facciamo appello a tutte e tutti perché la giornata affermi un cammino comune contro le divisioni imposte dalla precarietà e dal razzismo istituzionale.

Promuovono:

Stati Generali della Precarietà, Associazione Diritti per Tutti Brescia, Immigrati Autorganizzati Milano, Coordinamento migranti Bologna e provincia, Rap-rete di attivazione del pensiero-gruppo inkiesta di Roma, Comitato No Pacchetto Sicurezza Reggio Emilia, Rete Antirazzista Napoletana, Collettivo No Border Napoli, Coordinamento Antirazzista "Chiudiamo il Cie Andolfato", Movimento lotta per la casa Firenze, Spazio interculturale autogestito Kulanka, Rete Insicuri, Comitato Primo Marzo Roma, Comitato Primo Marzo Napoli, Comitato Primo Marzo Palermo, Comitato Primo Marzo Firenze, Comitato Primo Marzo Modena, Comitato Primo Marzo Imola, Comitato Primo Marzo Bolzano, Comitato Primo Marzo Pordenone, Comitato primo marzo Trieste, Rete Primo Marzo.

Per adesioni sgp.migranti@gmail.com

Nei CIE per 18 mesi, follia crudele prima di Pontida

sabato 18 giugno 2011

“SUI MIGRANTI GOVERNO HA APPROCCIO REPRESSIVO”

Cécile Kyenge Kashetu, portavoce nazionale della Rete Primo Marzo in merito al provvedimento del Governo che estende la permanenza nei CIE dei migranti a 18 mesi.
“Ciò che sta succedendo in Italia sulle politiche dell'immigrazione è vergognoso e da condannare, in quanto lede fortemente i diritti fondamentali della persona. Di fronte al fallimento della politica migratoria del centrodestra, gli ultimi provvedimenti confermano le difficoltà del governo a individuare soluzioni per l’accoglienza dei migranti. Perseverano con l'approccio repressivo, nel tentativo disperato di riconquistare il proprio elettorato”.

"L'ultimo provvedimento del governo di trattenere i migranti nei CIE fino a 18 mesi, approvato prima dell'appuntamento della Lega Nord a Pontida, ci conferma che sono i migranti a pagare per i giochi di potere della destra. La vita dei migranti è diventata merce di scambio: si alimenta la guerra tra poveri, in un clima di crescente precarietà, invece di ristabilire le condizioni basilari di una vera convivenza civile”.
I CIE, come tutte le strutture che ledono i diritti fondamentali della persona, andrebbero chiusi. Così hanno chiesto e chiedono milioni di cittadini da decine di stati, richiesta contenuta nella “Carta Mondiale dei Migranti”, elaborata a Gorée nel mese di febbraio 2011”.
“Sulla base delle situazioni vissute dai migranti nel mondo, la nostra ambizione è di far valere il diritto per tutti di circolare e stabilire liberamente la propria residenza sul nostro pianeta e contribuire a costruire un mondo senza muri”.
“Sulla base di principi contenuti appunto nella “Carta Mondiale dei Migranti”, sosteniamo le iniziative sul territorio che promuovono i nuovi diritti, nell’ottica di costruire un’ampia alleanza tra migranti e autoctoni, e denunciando ogni forma di discriminazione e in particolar modo il razzismo istituzionalizzato (come tutti gli ultimi provvedimenti del governo che rendono ricattabili i migranti, indebolendo la cittadinanza di tutti e tutte)”.

La Carta dei diritti dei Migranti debutta a Milano

martedì 14 giugno 2011

Ha richiesto cinque anni di lavoro e il contributo di oltre 5000 persone appartenenti a continenti diversi. Alla fine però la Carta Internazionale dei Diritti dei Migranti ha visto la luce. E in una cornice speciale e fortemente simbolica, la piccola isola di Gorée, da cui nei secoli passati hanno transitato migliaia di schiavi africani destinati alle piantagioni del Nuovo Mondo, il testo definitivo è stato approvato lo scorso 4 febbraio ed è subito dopo stato presentato al Social Forum di Dakar (cliccando qui si possono vedere le immagini). La rete Primo Marzo ha contribuito attivamente alla redazione della Carta e alla sua approvazione, e oggi è molto attiva nella sua promozione in Italia e all'estero.
Il 27 giugno questo documento sarà presentato per la prima volta a Milano, a Spazio Tadini - all'interno dell'evento I muri dopo Berlino si chiamano frontiere (mostra collettiva,spettacoli, dibattiti dal 16 giugno al 29 luglio) - nel corso di una serata a cui parteciperanno: Cècile Kashetu Kyenge (portavoce rete Primo Marzo), Paolo Buffoni (Arci), Giuseppe Cassibba (artista, autore del logo del Primo Marzo), Stefania Ragusa e Cristina Sebastiani (fondatrici della rete Primo Marzo). Appuntamento alle ore 21 in via Jommelli 24.

A seguire, un'intervista a Cécile Kashetu Kyenge sul senso della Carta e sulla sua portata.
«Questo documento ha una particolarità che, prima ancora che dal suo contenuto dipende dal modo in cui è stata costruita: partendo dal basso, dall’esperienza e dalla sensibilità di persone singole che hanno avuto un’esperienza concreta di emigrazione e che dunque sanno, per averlo provato sulla propria pelle, di che cosa si sta parlando», spiega Cécile Kashetu Kyenge. «Questo processo, muovere dai singoli per arrivare alle associazioni e alle ong e, quindi, alle istituzioni rappresenta il valore aggiunto: perché mette realmente la persona al centro del percorso».
Come si concretizza nel testo questo valore aggiunto?
«Nell'affermazione di principi che difficilmente potrebbero trovare spazio in un testo elaborato in una cornice istituzionale. Ciò è visibile in vari punti. Uno dei più significativi è già nel prologo, precisamente nei due primi capoversi, dove si dice: “Le persone migranti sono bersaglio di politiche ingiuste. A detrimento dei diritti universalmente riconosciuti ad ogni persona umana, queste mettono gli esseri umani gli uni contro gli altri attraverso strategie discriminatorie, basate sulla preferenza nazionale, l’appartenenza etnica, religiosa o di genere.
Tali politiche sono imposte da sistemi conservatori ed egemonici che per cercare di mantenere i propri privilegi sfruttano la forza di lavoro, fisica e intellettuale dei migranti. A questo scopo, tali sistemi, utilizzano le esorbitanti prerogative consentite dal potere arbitrario dello Stato-Nazione e dal sistema mondiale di dominazione, ereditato dalla colonizzazione e dalla deportazione. Questo sistema è, nel medesimo tempo, caduco, obsoleto e causa di crimini contro l’umanità. Per questa ragione deve essere abolito.” Si tratta di un’affermazione esplicita e coraggiosa, che mette in discussione tanto il concetto di Stato-Nazione quanto quello di frontiera».
Questo passaggio è stato voluto, in particolare, dai rappresentanti latinoamericani. Come mai?
«In molti stati latinoamericani le specificità e i diritti delle minoranze indigene sono ignorati e violati con grande disinvoltura ed è comprensibile quindi che in questi contesti l'insofferenza verso le esorbitanti prerogative degli Stati-Nazione sia particolarmente sentita. Ma il problema non è solo latinoamericano, basti pensare ai boscimani o ai beduini in Africa e alle tante minoranze del continente asiatico».
Perché il Primo Marzo ha scelto di impegnarsi nella costruzione della Carta e qual è stato il principale contributo?
«Il Primo Marzo è un laboratorio di partecipazione che si muove dal basso e coinvolge in primo luogo la società civile. Il suo obiettivo è combattere il razzismo, difendere i diritti umani e far comprendere che l'immigrazione, oggi come ieri, non rappresenta solo forza lavoro ma è una risorsa da vari punti di vista. La storia umana, non dimentichiamolo, è sempre stata storia di immigrazioni e la costruzione delle civiltà e delle culture è un processo dinamico all’interno del quale gli spostamenti degli esseri umani rappresentano il fattore principale. Tra il nostro movimento e il progetto della Carta c’era dunque un’analogia di metodo e intenti che ha reso ovvia la collaborazione. Abbiamo contribuito in vari modi ma forse l’apporto più significativo riguarda l’introduzione di un principio all’interno del testo: il passaggio in cui viene sottolineato che, oggi più che mai, siamo tutti migranti, in atto o in potenza. Oggi davvero può capitare a tutti, per ragioni che vanno dalla ricerca di un lavoro alla necessità di sfuggire a un disastro ambientale di dovere lasciare il proprio Paese. Pensiamo alla fuga dei cervelli dall’Italia ma anche a quello che sta accadendo in Giappone».
La Carta è stata presentata al Social Forum di Dakar e ha riscosso un grande interesse. Cosa ci riserva il futuro? Quali saranno i prossimi passi?
«Ci siamo lasciati con la promessa di tornare a incontrarci, ancora a Gorée, dopo giugno. Il documento, subito dopo l’approvazione, è stato sottoposto ad associazioni e ong e da parte di questi soggetti stanno arrivando molte proposte per il suo utilizzo. Per esempio, quella di elaborare un passaporto dei migranti, rilasciato dalle organizzazioni che riconoscono il documento e che avrà un valore simbolico forte. Adesso stiamo lavorando per diffondere la Carta il più possibile e anche per trovare forme di finanziamento che garantiscano l’autonomia del progetto. Fino ad oggi siamo stati economicamente supportati da fondazioni che non hanno interferito con il nostro spirito. Ma non è detto che sarà sempre così ed è importante attrezzarsi».
Un’ultima cosa: la Carta non è stata firmata. Perché?
«Abbiamo scelto di non firmarla per consentire anche a chi non fosse stato presente a Gorée di aderire con la stessa autorevolezza che avrebbero avuto i presenti. A breve, attraverso il sito, sarà possibile dare le adesioni ufficiali: come singoli, come associazioni e, perché no, come istituzioni. Certo, è improbabile che un’istituzione accetti di firmare una carta che mette in dubbio il concetto di frontiera ma potrebbe anche accadere...»-