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Lampedusa, catastrofe costruita a tavolino

sabato 9 aprile 2011

Lampedusa, catastrofe costruita a tavolino e appena cominciata

Dagli sbarchi, ai migranti e agli isolani abbandonati a se stessi, fino ai naufragi e alle morti per annegamento: quello che abbiamo visto accadere a Lampedusa poteva essere evitato. Ma il governo italiano, per reale incapacità o calcolo elettorale, ha preferito giocare la carta del tanto peggio tanto meglio facendo esplodere la situazione sotto i riflettori delle telecamere, così da poter invocare il sostegno europeo agitando lo spauracchio dell’invasione.

Adesso, sull’onda dell’emergenza e lamentando la scarsa solidarietà europea – ancorché l’Italia, in questi anni, abbia sempre deliberatamente ignorato le indicazioni dell’Europa in materia di politiche migratorie - il governo impone soluzioni destinate ad aggravare ulteriormente la situazione. Il rilascio dei permessi di soggiorno temporanei, contrariamente a quanto annunciato, non permetterà alla stragrande maggioranza dei migranti di lasciare il territorio italiano a causa dell’irrigidimento delle misure di controllo alle frontiere (come nel caso della Francia). Nel giro di sei mesi avremo perciò migliaia di nuovi migranti irregolari, e questo mentre è cominciato il rilascio dei primi nulla-osta relativi al decreto flussi e non è ancora stata trovata una soluzione per le oltre 50mila vittime della sanatoria truffa.

Ma c’è un’altra cosa che bisogna ricordare e sottolineare: le persone a cui si vuole oggi rilasciare un permesso di soggiorno temporaneo e rispetto alle quali si cavilla tanto ("rifugiati" o "clandestini"?) sono in larga parte le stesse che, fino a pochi mesi fa, venivano ricacciate in Libia senza neppure essere identificate.

Perciò, mentre denunciamo questa situazione e rifiutiamo un clima di emergenza creato ad arte, ricordiamo che sono centinaia di migliaia i migranti che in Italia subiscono quotidianamente il razzismo istituzionalizzato. Lo sciopero del primo marzo ha dimostrato che i migranti non sono vittime, ma protagonisti di lotte nuove in grado di coinvolgere tutti. Consideriamo i migranti in arrivo in queste settimane né profughi né ospiti, ma persone che dopo aver sfidato i regimi dittatoriali del Nord Africa sfidano la forza democratica della società civile italiana ed europea.

L’incapacità e la mancanza di volontà nel gestire questa stagione di sbarchi hanno prodotto fino ad ora solo risultati fallimentari. Per questo, come rete Primo Marzo:

1) chiediamo le dimissioni del ministro dell’Interno;

2) chiediamo che venga attivato rapidamente e in collaborazione con gli altri Paesi europei un corridoio umanitario in modo da assicurare una reale protezione ai migranti;

3) rifiutiamo la distinzione tra "profughi" e "migranti", consapevoli che qualsiasi legislazione discriminatoria non sarà in grado di contenere l’immigrazione ma favorirà le organizzazioni criminali che sfruttano il fenomeno;

4) esprimiamo la nostra contrarietà rispetto al modo approssimativo con cui la maggior parte dei mezzi di informazione ha trattato e continua a trattare la questione: mai come in questo periodo l’odiosa parola "clandestino" viene abusata;

5) chiediamo alle forze politiche di adoperarsi affinché

a. venga abrogato il reato di clandestinità

b. vengano chiusi i CIE

c. l’accesso e la permanenza nel nostro Paese non siano condizionati dal contratto di lavoro

d. si ottemperi finalmente alla direttiva europea sui rimpatri.

Confermiamo infine il nostro impegno per la costruzione di una società aperta, nella quale siano salvaguardati i diritti di tutti/e. Secondo lo spirito della Carta mondiale dei Migranti approvata a Gorée il 3 e 4 febbraio 2011, chiediamo l’abrogazione di tutte le leggi che impediscono la libera circolazione delle persone e l’equiparazione nei diritti tra persone migranti e non-migranti

La rete Primo Marzo aderisce a tutte le iniziative che a livello locale e nazionale avranno come scopo la difesa dei diritti dei migranti e la costruzione di una cultura di solidarietà, e anche a quelle che si collocano nell’ambito della lotta alla precarietà: la condizione migrante infatti non è separata da quella di tutti gli altri cittadini, ma con la sua specificità mostra tendenze e dinamiche che ci coinvolgono tutti, in particolare sul terreno del lavoro.

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