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L'intervento di Cécile a Bologna

mercoledì 2 marzo 2011


Questo è il testo dell'applauditissimo discorso tenuto da Cécile Kashetu Kyenge, la nostra portavoce, in piazza Nettuno. I lettori di Liberazione lo hanno letto in anteprima sul giornale uscito il 1° marzo..

«La nostra battaglia per dare voce ai migranti e difendere insieme i diritti di tutte e tutti è cominciata poco più di un anno fa. E’ cominciata come reazione all’abominevole pacchetto sicurezza ed ha ricevuto uno slancio incredibile dai fatti di Rosarno. Il 7 gennaio 2010 un grido di protesta e indignazione si è levato dalla piana di Gioia Tauro e un gruppo di lavoratori migranti, in maggioranza di origine africana, ha avuto il coraggio di dire NO al sistema dello sfruttamento e alla cultura dell’illegalità. Il Primo Marzo dello scorso anno la mobilitazione ha coinvolto oltre 60 città e 300mila persone in tutta Italia. Ci sono stati scioperi e presidi, dibattiti e manifestazioni ed è cominciata una stagione di lotta e rivendicazioni che ha trovato i suoi snodi fondamentali nello sciopero delle rotonde in Campania, nell’occupazione della gru a Brescia e in quella della Torre a Milano, nelle manifestazioni antirazziste di Bologna, Trieste e Firenze. Il Primo Marzo 2011 arriva in continuità e contiguità con queste esperienze, ma anche con Pomigliano e Mirafiori e con la mobilitazione degli studenti e lo sciopero dei metalmeccanici. E sarà dedicato in particolare alla memoria di Noureddine Adane, che si è dato fuoco per protesta dopo aver patito sulla propria pelle e per l’ennesima volta la cattiveria e la stupidità del razzismo istituzionale e che in questo tentativo estremo di autoaffermazione ha perso la sua vita. Uniti e ricordando Noureddine scenderemo in piazza, porteremo un simbolo giallo e, dove potremo, ci asterremo dal lavoro per chiedere l’abrogazione della Bossi-Fini, questa lege che finge di combattere la clandestinità e invece la alimenta e la produce, l’estensione dell’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione anche ai casi di sfruttamento sul lavoro, la cancellazione del reato di clandestinità e del pacchetto sicurezza che già adesso, in virtù della direttiva europea sui rimpatri, rappresentano dei provvedimenti fuori legge, l’abolizione del permesso di soggiorno a punti, la chiusura dei Cie, una nuova legge sulla cittadinanza che trovi nello ius soli il proprio cardine e una legge organica sul diritto d’asilo. Queste sono, in estrema sintesi, le richieste espresse nell’appello che i comitati Primo Marzo, riuniti in assemblea, hanno elaborato in vista della giornata di oggi. Nel nostro appello ribadiamo anche la volontà di ricorrere allo sciopero. Contrariamente a quanto viene troppo spesso detto, lo sciopero non è uno strumento di protesta che dipende dalla discrezionalità dei sindacati ma un diritto costituzionale, individuale e inalienabile che può essere esercitato anche dal basso. Un’altra richiesta espressa nell’appello è vedere riconosciuto a tutti il diritto di scegliere dove vivere e dove stabilire la propria residenza. Questo punto è al centro della Carta Internazionale dei Diritti dei Migranti, un documento straordinario, costruito dal basso attraverso il lavoro paziente di oltre 5000 persone in tutto il mondo, alla cui redazione il movimento Primo Marzo ha contribuito attivamente. Mi piace ricordarlo per sottolineare anche la vocazione internazionale del nostro movimento, la rete di contatti stabilita con le altre nazioni europee (la Francia, l’Austria, la Grecia) che partecipano all’esperienza del Primo Marzo e, inevitabilmente, la nostra vicinanza con le popolazioni che stanno portando avanti le rivoluzioni nel Nord Africa. Questa giornata è dedicata a loro oltre che a Noureddine. Quello che sta accadendo oltre il Mediterraneo ci riguarda dal punto di vista umano e morale, certamente, ma ci riguarda anche perché è in buona parte l’effetto delle politiche sconsiderate e opportunistiche che l’Occidente e, in particolare, l’Italia hanno portato avanti in questi anni. Il Primo Marzo vuole essere un’occasione per riflettere anche su tutto questo e per andare oltre. Perché, come già abbiamo detto lo scorso anno, il Primo Marzo non finisce il Primo Marzo, ma ricomincia da qui, ancora una volta il suo percorso di trasformazione della società: dal basso, con pazienza, con rigore e determinazione».

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