Questa è una storia di legalità punita. La storia di datori di lavoro italiani e lavoratori immigrati presi in giro per aver avuto fiducia in una legge dello Stato, stabilizzato un lavoro sommerso, dichiarato la loro situazione a prefetture e questure, e per aver pensato infine che la legge fosse uguale per tutti.
Parliamo della “sanatoria” dei cittadini stranieri, anche se questo nome è improprio perché richiama alla mente condoni offerti ex post a chi, in un modo o nell’altro, ha fatto il furbo. Nel nostro caso, invece, non è di furbi che si tratta, ma di lavoratori onesti a cui è stata offerta la possibilità di vivere alla luce del sole. Non dimentichiamo nemmeno la natura discriminatoria del provvedimento, che ha sanato la posizione solo di chi lavorava nelle nostre case o assisteva i nostri anziani, lasciando costretti allo sfruttamento e alla clandestinità i dipendenti dell’industria e dell’agricoltura: l’ennesima bizzarria tutta italiana alla quale, purtroppo, ci siamo da tempo assuefatti.
La regolarizzazione riguardava, come è ovvio, persone che erano prive del permesso di soggiorno prevedendo che non potessero regolarizzarsi solo gli stranieri che erano stati espulsi per gravi ragioni di ordine pubblico e sicurezza e che avevano commesso reati penali di una certa rilevanza. Così, di fronte all'apertura di un percorso di legalità, lavoratori e datori di lavoro sono “emersi”, hanno riempito moduli e dichiarazioni, pagato quanto dovuto (nelle casse dello Stato sono entrati 154 milioni di euro in contributi arretrati e marche da bollo), convinti di ristabilire così almeno una piccola fetta di legalità.
Alla fine della procedura, ovvero al momento di consentire allo straniero che aveva fatto la regolarizzazione di ottenere l'agognato permesso di soggiorno, ecco che, dopo diverse settimane di grave confusione, con applicazioni della legge totalmente diverse tra le varie città, interviene la novità, contenuta in una “circolare interpretativa” della polizia: è vero, vi si sostiene, che la sanatoria regolarizza i clandestini, purché però gli interessati non siano “troppo” clandestini; via libera alla regolarizzazione di coloro che hanno ricevuto un solo decreto di espulsione; niente da fare invece per coloro che di decreti di espulsione ne hanno ricevuto più di uno; anche se sono emersi, anche se quanto dovuto è stato pagato, anche se hanno un lavoro, una casa, una identità. Secondo la citata interpretazione, la disobbedienza all'ordine di espulsione ripetuta più volte (considerata reato penale dalla legge sull’immigrazione) equivarrebbe, come gravità, a reati che la legge prevede come ostativi alla regolarizzazione quali ad esempio truffa, fabbricazione di esplosivi, furto aggravato, lesione personale etc.
L'interpretazione sopra proposta ci colpisce profondamente, perché riteniamo operi uno stravolgimento della legge determinando una situazione non rispettosa dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e non discriminazione che sono alla base del nostro vivere civile e del nostro ordinamento costituzionale. Come persone che credono in uno stato di diritto siamo infatti allarmati se chi è rimasto a vivere nel nostro Paese senza un documento di soggiorno viene messo sullo stesso piano di consumati criminali.
Riteniamo che si debba evitare di generare un autentico circolo vizioso, visto che lo scopo della norma era proprio quella di regolarizzare chi era rimasto senza documenti di soggiorno, e che non ha alcun senso distinguere tra coloro che erano stato espulsi (sulla carta) una sola volta da coloro che lo sono stati (sempre sulla carta) più volte. Come possiamo non vedere che questa differenza tra situazioni identiche è del tutto casuale ed è legata alla maggiore visibilità di alcuni rispetto ad altri a causa del colore della pelle o alla povertà?
Come possiamo non notare che tutta questa vicenda ha il sapore di una beffa nei confronti di chi- lavoratori e datori di lavoro- ha creduto nella legalità, aderendo alla regolarizzazione? Come possiamo tacere, se il messaggio che emerge è che fidarsi delle autorità è sciocco, che conviene sempre rimanere invisibili, far lavorare in nero, non pagare le tasse, in nome della convinzione tutta italiana che sia l’illegalità a premiare?
Riteniamo che in questa storia sia possibile vedere uno dei tanti segni del degrado etico che sta investendo il nostro paese, sempre più forte con i deboli e sempre più debole con i forti. Constatiamo allarmati la diffusione di norme e prassi che, facendo leva sulla paura, riservano solo agli stranieri dei trattamenti di estrema durezza, mentre molte illegalità gravi e diffuse che scuotono il Paese vengono apertamente tollerate.
Auspichiamo quindi che anche in questa piccola ma illuminante vicenda - che riguarda le persone che accudiscono i nostri anziani e puliscono le nostre case - alla fine prevalgano ragionevolezza e giustizia, ed è con questo spirito che ci rivolgiamo alle autorità e a tutti i cittadini e attendiamo fiduciosi le decisioni della Magistratura.
Affinché non sia una storia di legalità punita.
Potete sottoscrivere questo appello, lanciato a Trieste il 1 aprile, qui.
I primi firmatari sono: Stella Abbamonte – avvocato; Sergia Adamo – ricercatrice Università di Trieste; Daniela Antoni - Cobas Scuola Trieste; Simona Baldanzi – scrittrice; Giuseppe Bea - CNA Nazionale / Area IMMIGRAZIONE; Michele Berti - Responsabile Servizi Immigrati della UIL Friuli Venezia Giulia; Carlo Bianconi – avvocato; don Albino Bizzotto - Beati I Costruttori Di Pace; Silva Bon – storica; Maria Bonafede - moderatora della Chiesa Valdese, Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste in Italia; Giovanna Botteri - corrispondente Rai per il NordAmerica; Antonella Bukovac – poetessa; Alberto Burgio – docente Università di Bologna; Paolo Cacciari – giornalista; Fulvio Camerini – medico; Gianfranco Carbone – avvocato; Massimo Carlotto – scrittore; Pierluigi Celli - direttore LUISS (libera università degli studi Guido Carli); Michel Charbonnier – pastore della Chiesa Valdese di Trieste; don Luigi Ciotti - Gruppo Abele e Libera; Massimo Cirri - autore teatrale, psicologo, conduttore della trasmissione radiofonica "Caterpillar" Radio 2; Walter Citti – responsabile sezione FVG ASGI-Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione; Roberta Colacino – attrice; Daria Colombo – scrittrice; Comunità Valdese di Trieste; Coordinamento donne contro il razzismo della Casa internazionale delle donne di Roma; Mauro Covacich – scrittore; Alessandro Dal Lago – docente Università di Genova; Andrea Del Testa - A Sud Toscana; don Pierluigi Di Piazza - presidente Centro Balducci; Valerio Evangelisti – scrittore; Liliana Ferrari – docente Università di Trieste; Dario Fo – attore, Premio Nobel per la letteratura; Gianluca Gabrielli - storico del razzismo; don Andrea Gallo - Comunità San Benedetto al Porto Genova; Fabrizio Gatti – giornalista; Franco Giraldi - regista; Vincenzo Guerrizio - giornalista televisivo RAI ("Presa diretta" – RAI3); Irma Guzman- mediatrice culturale; Margherita Hack - astrofisica; Veit Heinichen – scrittore; Riccardo Iacona - giornalista televisivo RAI ("Presa diretta" – RAI3); Anna Illy – imprenditrice; Roberto Lamacchia - presidente Associazione Giuristi democratici; Domenico Lucano - Sindaco di Riace; Andrea Maestri - avvocato; Claudio Magris – scrittore; Marialuisa Mancuso - avvocato; Francesco Mason – avvocato; Maria Luisa Matero – avvocato; Moreno Miorelli - organizzatore della Stazione di Topolò; Luigi Mochi Sismondi - Associazione Culturale Chico Mendes di Roma; Sabrina Morena - regista; Grazia Naletto – ricercatrice, vicepresidente Associazione Lunaria; Moni Ovadia - attore, cantante, compositore; Veronica Padoan - ricercatrice Università di Roma; Boris Pahor – scrittore; Bojana Pavicevic – mediatrice culturale; Giorgio Pellis – medico; Vincenza Perilli – ricercatrice; Maurizio Pessato - amministratore delegato SWG spa; Carmela Pignato - docente Università di Trieste; Ugo Pierri – pittore; Donatella Pini – docente Università di Padova; Rosella Pisciotta – Teatro Miela/Bonawentura; Giorgio Pressburger - scrittore e regista; Stefania Ragusa – giornalista, Coordinamento Nazionale Primo Marzo 2010; Franca Rame – attrice; Melita Richter – mediatrice culturale, docente Università di Trieste; Annamaria Rivera – antropologa, saggista, docente dell'Università di Bari; Franco Rotelli - medico; PierAldo Rovatti – docente Università di Trieste; Pino Roveredo – scrittore; Paolo Rumiz – scrittore, giornalista; padre Antonio Santini – Beati i Costruttori di Pace; Chiara Sasso - coordinatrice Rete comuni solidali; Gianfranco Schiavone – presidente ICS-Consorzio Italiano di Solidarietà; Filippo Solibello - autore, conduttore della trasmissione radiofonica "Caterpillar" Radio 2; Marco Sofianopulo - compositore, direttore della Cappella Civica del comune di Trieste; Marina Spaccini – medico; Pierluigi Sullo – direttore della rivista CARTA; Gino Strada – chirurgo, fondatore di Emergency; Susanna Tamaro – scrittrice; Giorgio Tambulini – medico; Ciro Tarantino - ricercatore Università della Calabria; Tavola Valdese, organismo esecutivo della Chiesa Valdese – Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste in Italia; Francesca Terzoni – avvocato, Coordinamento Nazionale Primo Marzo 2010; Giacomo Todeschini - docente Università di Trieste; Giuseppe Trebbi - docente Università di Trieste; Lorenzo Trucco – presidente nazionale ASGI-Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione; Edvino Ugolini – poeta; Viviana Valente - giornalista; Gabriella Valera – docente Università di Trieste; Fulvio Vassallo Paleologo – docente Università di Palermo; don Mario Vatta – Comunità di S. Martino al Campo; Claudio Venza – docente Università di Trieste; Roberto Vecchioni – cantante; Roberto Weber - presidente SWG spa; Claudio Zaccaria – docente e direttore del CISEM Università di Trieste; Maurizio Zacchigna – attore; Alex Zanotelli – missionario comboniano; Anna Zoppellari – docente Università di Trieste; Nazarena Zorzella - vice presidente ASGI.
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