Giornata di protesta e mobilitazione dopo la prima lanciata nel 2010: no al “razzismo istituzionale” e alla Bossi-Fini, sì a cittadinanza e voto amministrativo. Kashetu Kyenge: “Sugli stranieri si sperimentano le politiche repressive di domani”
ROMA - Anche quest’anno i lavoratori immigrati incroceranno le braccia il primo marzo. Lo “sciopero” degli stranieri, lanciato per la prima volta lo scorso anno come mobilitazione e protesta sociale, torna anche nel 2011 per ricordare il valore economico del lavoro prodotto dai quasi 5 milioni di immigrati che vivono in Italia e per chiedere una serie di interventi legislativi, con l’obiettivo di promuovere una maggiore consapevolezza culturale e un miglioramento della situazione sociale. Il conto alla rovescia verso lo sciopero 2011 è partito oggi a Roma, con la presentazione ufficiale alla stampa dell’evento.
La giornata del 1 marzo era nata l’anno scorso ponendo ai cittadini italiani una provocazione: cosa succederebbe se tutti i lavoratori stranieri incrociassero le braccia? E se insieme a loro anche gli italiani protestassero contro il razzismo istituzionale e tutto ciò che ne consegue? Domande che il Movimento Primo Marzo (che riunisce “immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto e dal razzismo dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano”) ripropone anche per il 2011, chiedendo la fine della “politica dei due pesi e delle due misure, nelle leggi e nell'agire delle persone”. Con la protesta si chiede il superamento della legge Bossi-Fini, il riconoscimento della cittadinanza per chi nasce o cresce in Italia, il diritto di voto amministrativo per gli immigrati, la chiusura dei Cie, ma anche l’approvazione di una legge che tuteli rifugiati e richiedenti asilo. Anche stavolta il colore di riferimento della protesta è il giallo, considerato il colore del cambiamento e scelto anche per la sua neutralità politica, da indossare come segno di riconoscimento, anche con un semplice nastro o braccialetto.
Per i promotori “c’è un collegamento diretto tra il razzismo, in particolare il razzismo istituzionale, e la graduale erosione dei diritti dei lavoratori in Italia”: il dito è puntato contro il pacchetto sicurezza e quelle ordinanze “che non producono nessuna sicurezza ma al contrario hanno il solo effetto di aumentare la clandestinità”. Provvedimenti definiti dal comitato 1 marzo “una minaccia per tutti” e non solo per i migranti, dal momento che aprono la strada “agli ingaggi in nero e ai contratti capestro”, situazione che porta facilmente “alla perdita per tutti dei diritti acquisiti, degli standard di sicurezza sul lavoro, delle tutele sindacali”. “La difesa del diritto al lavoro e degli altri diritti fondamentali - spiega Cécile Kashetu Kyenge, coordinatrice nazionale e portavoce del movimento Primo Marzo - è una battaglia che riguarda tutti, e non solo per ragioni etiche o altruistiche”. Secondo la coordinatrice, gli stranieri “sono il ‘terreno’ su cui vengono sperimentate oggi le politiche repressive che colpiranno domani segmenti sempre più ampi di popolazione”: situazione che richiede unione e solidarietà reciproca fra italiani e stranieri per “contrastare questa pericolosa deriva”.
Al di là dei motivi di protesta, però, nelle intenzioni dei promotori dello sciopero il primo marzo sarà una giornata di mobilitazione nazionale e internazionale volta a unire autoctoni e immigrati, vecchi e nuovi cittadini perché “la contrapposizione tra ‘noi’ e ‘loro’ , ‘autoctoni’ e ‘stranieri’ è destinata a cadere, lasciando il posto alla consapevolezza che oggi siamo ‘insieme’, vecchi e nuovi cittadini impegnati a mandare avanti il paese e a costruirne il futuro”.
Un mese prima dell’appuntamento del 1 marzo, al Forum sociale di Dakar, in programma dal 31 gennaio al 6 febbraio sarà presentata e votata la Carta mondiale dei migranti, alla cui stesura ha partecipato anche il Movimento primo marzo. “Un documento - spiega il coordinatore del progetto Jelloul Ben Hamida - scritto collettivamente da migranti di tutto il mondo, con l’obiettivo di affermare il diritto degli esseri umani a muoversi liberamente per il pianeta e a scegliere dove fermarsi”. Quattro anni di lavoro, 5 mila persone coinvolte, per una “Carta di principi e non rivendicativa, diversa dalle Convenzioni internazionali che già esistono in materia, poiché è costruita dal basso, dai migranti stessi, a partire dall’intuizione di un gruppo di 'sans papier', a Marsiglia, nel 2006”. (Gina Pavone)
Fonte: Redattore Sociale
Related Posts:
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento