Questo articolo, a firma di Stefano Galieni, è uscito su Liberazione del 28 gennaio 2011.
«Abbiamo ancora l'ambizione di utilizzare lo strumento dello sciopero, sappiamo che esistono diverse forme e modalità per realizzarlo, per questo stiamo cercando l'adesione di sindacati, ma anche di associazioni e forze politiche». Non usa mezzi termini Cécile Kashetu Kyenge, la coordinatrice nazionale e portavoce del "Movimento Primo Marzo". Dopo la grande giornata di mobilitazione dello scorso anno "Una giornata senza di noi" questo movimento di base ha lavorato in maniera carsica, si è radicato in molte città e si prepara a ricostruire una mobilitazione nazionale per il 1 marzo 2011, lo fa in una fase di crisi non solo economica ma politica e sociale, in cui il mondo del lavoro, migrante e no, sono tornati prepotentemente a farsi sentire. «Molte e molti di noi hanno partecipato alle manifestazioni di questi mesi - racconta Cécile - perché la nostra lotta è per migliorare la situazione di tutti, non solo per gli immigrati. Invitiamo i sindacati a mettersi in gioco, abbiamo scelto di caratterizzare la giornata di quest'anno su parole d'ordine semplici e nette, per la dignità e il diritto al lavoro, partendo dal fatto che chi è immigrato parte da condizioni particolari, ma non per immaginarci separati. E lo facciamo adesso che il lavoro scarseggia, in cui c'è un indebolimento della "cittadinanza del lavoro migrante" che ricade anche sugli autoctoni». Le condizioni particolari a cui si riferisce la coordinatrice del movimento sono facilmente evidenziabili, il fatto che i lavoratori e le lavoratrici migranti perdono, col posto di lavoro, in pochi mesi, anche il diritto a restare in Italia, il fatto che restare senza permesso di soggiorno si traduce in un reato perseguibile, una colpa causa di disagio, elemento scatenante di guerra fra poveri. Il tutto sotto uno Stato che invece di aiutare fornendo strumenti di sostegno agisce a colpi di espulsione. Lo scenario in cui tutto questo accade è quello della crisi:«Basta pensare ad un elemento, sono diminuite le rimesse con cui chi è in Italia, ma in generale in Europa, sostiene le famiglie e le economie dei paesi di provenienza. - ribadisce Cécile -Io sto partendo per Gorè, al Forum sociale mondiale, dove è prevista una lunga sessione sulle tematiche dell'immigrazione e dove arriverà a compimento un processo iniziato nel 2006, la Carta Mondiale dei Migranti. Si tratta di un lavoro enorme, frutto di una partecipazione collettiva e che nasce dalla base e dai soggetti sociali che per primi sono coinvolti. Al Forum metteremo a punto il materiale raccolto e i suggerimenti che ci sono arrivati per proporre un testo che ragioni di immigrazione reale e potenziale, che individui elementi comuni per lavorare sulla partecipazione politica, economica e sociale alla vita dei paesi in cui si emigra o si vorrebbe emigrare, che metta al punto uno dei diritti inalienabili, contenuti nella Convenzione di Ginevra e spesso non rispettato, la libertà di movimento. Quello che vogliamo è un mondo senza muri a dividere le genti». Cécile è arrivata in Italia nel 1983 per studiare ed è rimasta:«Ormai ho trascorso più anni a Bologna che nel mio paese. Quando sono arrivata c'era più curiosità che diffidenza verso di noi, non c'erano leggi sull'immigrazione, un disastro dal punto di vista burocratico ma con le persone era più facile entrare in relazione. Allora si considerava "nemico" il meridionale, "il terrone" , noi non eravamo presi in considerazione. Negli anni Novanta, siamo cresciuti in numero e le persone, grazie anche all'assenza della politica, non hanno avuto modo di abituarsi alla nostra presenza. È aumentata la difficoltà ad accettarci mentre prevaleva un approccio repressivo e securitario. Eppure senza di noi questo Paese non andrebbe avanti, perché invecchia, perché ha bisogno del nostro lavoro e delle ricchezze sociali e culturali di cui siamo portatori. Temo che invece di capire gli errori si continui con altre leggi repressive che non risolveranno nulla. Secondo me sarebbe invece utile avere al governo e in parlamento anche cittadini immigrati in grado di mettere a disposizione le proprie competenze». Nel Movimento Primo Marzo sono ben coscienti di come tante difficoltà non nascano solo da governi segnati da forze politiche xenofobe ma anche dagli errori della sinistra, errori su cui Cécile non vuole tacere:«Una sinistra che si è trovata impreparata. Ha pesato il non considerarci quasi mai in grado di occupare, nei partiti posti di responsabilità. È raro che le nostre competenze vengano considerate, al massimo prende qualche immigrato per dare una immagine di multiculturalità». Chi ha continuato a lavorare nel movimento è convinto che lo scorso anno sia stato solo un punto di partenza:« Ha rappresentato la scelta di trovare la capacità per reclamare i nostri diritti, visto che di doveri ne abbiamo sin troppi- prosegue la coordinatrice nazionale- per noi si tratta di una giornata di orgoglio che impone di ragionar su una nuova cittadinanza meticcia che deve coinvolgere tutti, in una nuova convivenza. E dobbiamo anche riparare ai guasti portati da tanta mala informazione, cambiare sia la dialettica che le terminologie utilizzate. Troppo spesso, soprattutto nei grandi giornali, le notizie non sono riportate per far conoscere la realtà ma per distorcerla. Un esempio? Si parla delle classi scolastiche piene di stranieri, eppure gran parte dei bambini sono nati o cresciuti in Italia, del proprio paese di origine non sanno nulla, perché chiamarli stranieri? Si continua ancora a parlare di immigrazione legata all'insicurezza, a terrorizzare le persone enfatizzando solo i fatti di cronaca nera e mai le buone pratiche di cui è pieno questo paese. Accomunarci solo alla violenza e all'insicurezza, significa aumentare il danno già compiuto»- Per questo Cécile porta parole di elogio e di incoraggiamento per Liberazione:«Voi potreste partire anche dalle difficoltà del momento per modificare il senso comune. Partite già da un grande lavoro che svolgete quotidianamente. Utilizzate anche le competenze di tanti di noi per affrontare in maniera migliore e più approfondita le questioni internazionali che riguardano le nostre aree di provenienza, considerandoci come possibili inviati. Dateci modo di intervenire sulle tematiche del razzismo e dello sfruttamento, delle leggi ingiuste e delle nostre aspirazioni. A mio avviso trovereste anche tanti nuovi lettori che gradirebbero la novità, persone stanche di vedersi confinati in un trafiletto di cronaca locale». Il movimento Primo Marzo potrebbe rappresentare, per le sue caratteristiche innovative e non escludenti, una novità interessante nello scenario che si va delineando in questo Paese, hanno fatto scelte precise e conducono mobilitazioni in cui si coniugano radicalità e propositività, pacifiche ma daterminate. Sanno di dover risalire la china:«Perché, conclude Cécile, bisogna sentirsi uguali per riconoscere le differenze».
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