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L'unica cosa giusta

mercoledì 7 luglio 2010

Il governo italiano dice che si sta operando per identificare i cittadini eritrei detenuti nel campo di Braq. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni e quello degli Esteri Franco Frattini hanno scritto ieri sul Foglio che stanno facendo di tutto per identificare i rifugiati eritrei i quali, timorosi di farsi identificare, rendono impossibile la definizione del loro status. Noi diciamo a Maroni e Frattini : abbiamo quei nomi. Abbiamo la lista di tutti e 205 i ragazzi spediti in fondo al Sahara, inclusi gli 11 che il 1° luglio del 2009 sono stati respinti in mare da una nave militare italiana e condannati così all'inferno in cui oggi si trovano.
Abbiamo i nomi di tutti loro, uno per uno, ma non li pubblichiamo, perché metteremmo a rischio la loro incolumità. E' proprio per non farsi identificare dal governo eritreo, che sicuramente si rivarrebbe sulle loro famiglie, che i ragazzi di Misratah si sono rifiutati di firmare i moduli in tigrino e sono stati portati come bestie nel lager di Braq.
Se il governo ritiene che senza i nomi non si può definire il loro status, noi siamo pronti a dargli la lista. Ma lo status di quei ragazzi è chiaro: sono eritrei in fuga da una dittatura brutale. Sono richiedenti asilo, che in Italia e in Europa otterrebbero automaticamente la protezione internazionale. Noi siamo pronti a dare la lista al governo, se ce la chiederà. E dovrebbe chiedercela se è vero che si sta sforzando di identificare i ragazzi. Ma il governo da parte sua non può girarsi dall'altra parte. Non li può lasciare in Libia. Perché la Libia non ha firmato la convenzione di Ginevra e non riconosce il diritto d'asilo. E perché se gli eritrei oggi sono a Braq è anche responsabilità dell'Italia, che li ha resppinti in mare senza averli prima identificati e aver capito se sono richiedenti asilo.
Noi siamo pronti a dare i nomi al governo. Ma il governo deve essere pronto a fare l'unica cosa giusta da fare ora: andre a prendere i 205 ragazzi eritrei in fondo all'inferno e portarli in Italia.

di Stefano Liberti (pubblicato oggi dal Manifesto)

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