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Sugli eritrei detenuti in Libia non deve calare il silenzio

giovedì 8 luglio 2010

E il Governo italiano non può sottrarsi alle proprie responsabilità

L'accordo “di liberazione e residenza in cambio di lavoro” negoziato dal governo italiano in queste ultime ore è inaccettabile e ha il sapore della beffa. I cittadini eritrei detenuti ingiustamente e in condizioni disumane nel carcere libico di Brak non chiedono, infatti, un'occupazione in Libia ma di veder riconosciuto lo status di rifugiati al quale hanno diritto e di essere accolti in un Paese democratico.

Il Movimento Primo Marzo
chiede
alla diplomazia internazionale di attivarsi affinché: - venga riconosciuto lo status di rifugiato alle 250 persone deportate nel carcere di Brak e sia trovata per loro una sistemazione degna e sicura in Paesi che abbiano sottoscritto la Convenzione di Ginevra; - sia rispettato l'anonimato di queste persone, così da non mettere a repentaglio la vita dei loro parenti e amici rimasti in Eritrea; - cessino immediatamente i respingimenti in mare da parte dell'Italia e il governo italiano risponda del proprio operato al riguardo, avendo agito in totale violazione dei fondamentali diritti umani e delle norme comunitarie in materia di protezione internazionale;
ricorda
:
che l'Eritrea è sottoposta una delle più brutali e oppressive dittature contemporanee e che lasciare il Paese rappresenta per molti eritrei l'unica possibilità di salvezza;
che almeno 11 tra le 250 persone deportate a Brak sono state respinte in mare lo scorso 1° luglio da una nave italiana senza che nessun accertamento venisse fatto sulla loro condizione o fosse presa in considerazione la loro richiesta di asilo politico;
esorta
i comitati locali a mobilitarsi per promuovere iniziative di solidarietà e sensibilizzazione e sostenere quelle che si stanno svolgendo in tutta Italia, e invita le associazioni e le singole persone impegnate nella difesa dei diritti umani e nella costruzione della giustizia sociale a fare altrettanto.

Domani, venerdì 9 luglio, ci saranno presidi davanti alle prefetture in diverse città italiane. Queste iniziative coincidono con la Giornata del Silenzio indetta dalla stampa italiana e dalla società civile per protestare contro la legge bavaglio.
Primo Marzo si unisce alla protesta e rileva che oggi più che mai è indispensabile in Italia una stampa libera dalle censure ma, anche, dal conformismo e dall'opportunismo, dalla superficialità e dall'indifferenza. Da questi vizi nasce infatti l'assordante silenzio che, con poche eccezioni, ha finora accompagnato le vicende eritree sui media italiani.

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