Sono trascorse tre settimane dal Primo Marzo e oggi siamo in grado di tratteggiare un bilancio più preciso della giornata e di proporre alcune considerazioni.
Le città che si sono mobilitate, attraverso iniziative coordinate dai comitati Primo Marzo e attraverso iniziative spontanee, sono state 52 per un totale di circa 150mila persone: meno dello scorso anno ma comunque un numero significativo, se si considera come è cambiato il clima politico negli ultimi 12 mesi, le diverse mobilitazioni che si sono prodotte in questo arco temporale e la minore attenzione che i media ci hanno riservato.
D'altra parte, l'obiettivo realistico di questo "secondo marzo" (come è stato efficacemente ribattezzato da Carta on line) era mantenere la tensione e l'attenzione sugli elementi che caratterizzano il progetto: la mobilitazione dal basso e la centralità di alcune parole d'ordine, cioè l'opposizione netta alla legge Bossi-Fini, la difesa del diritto al lavoro e dei diritti nel lavoro, la mixité, lo sciopero come strumento di mobilitazione e protesta.
L'obiettivo era portare avanti il percorso, allargare la rete e far crescere la consapevolezza attorno a questi temi.
Il Primo Marzo - lo ricordiamo - è nato come Sciopero degli Stranieri (dove straniero sta non soltanto per i migranti e le migranti, ma anche per "estraneo" alle logiche di razzismo ed esclusione che hanno progressivamente deformato il nostro modello sociale). E' stato questo concetto (problematico finché si vuole ma estremamente forte) a catalizzare l'attenzione di migliaia di persone. Eluderlo o bandirlo avrebbe significato privare la rete Primo marzo della sua principale ragion d'essere.
Molti tentativi (indiretti ed espliciti) sono stati fatti per spingerci a cancellare la parola sciopero, ma il loro esito nel complesso è stato fallimentare. Primo Marzo è rimasto il movimento dello Sciopero degli Stranieri, sentito e partecipato. E' su questo che a nostro avviso si misura il successo della giornata.
Diversi soggetti già organizzati e strutturati in forme associative di vario tipo hanno tentato di impossessarsi della data e piegarla ai propri interessi. In alcuni casi (a Milano, per esempio) ciò ha prodotto iniziative che hanno riproposto l'immagine vittimistica dei migranti, riducendo la giornata ad una sorta di commemorazione festosa lontana dallo spirito di lotta che la anima. Allo stesso modo, alcune iniziative spettacolari, per quanto mirate contro obiettivi comuni, non hanno colto il segno della giornata e la sfida lanciata dallo sciopero, rischiando anzi di metterle in secondo piano. In diverse città, tra cui Bologna, Reggio Emilia, Modena, Trieste, Firenze, Bolzano, Palermo, Napoli, Perugia, il primo marzo ci sono stati scioperi, manifestazioni, alcune novità significative. Questo è stato prodotto sia dai comitati Primo Marzo, a volte in grado di coordinare realtà già esistenti, a volte organizzatori delle iniziative, sia da diverse realtà antirazziste e dei migranti che hanno portato avanti tutto l'anno un percorso di partecipazione collettiva, a volte dialogando con le istituzioni, ma rivendicando sempre un ruolo centrale alle istanze che dal basso venivano sollevate e ai percorsi autorganizzati.
In alcuni territori (in particolare a Bologna e in Emilia) l’adesione allo sciopero è stata elevata e superiore allo scorso anno, grazie alla copertura assicurata a livello nazionale da Fiom e Usi ma, soprattutto, in virtù della buona comunicazione con le Rappresentanze Sindacali Unitarie. In altre realtà (Trentino e Alto-Adige, per esempio) la richiesta di astensione dal lavoro non ha trovato eco presso le grandi organizzazioni sindacali, ma a Bolzano nonostante ciò le lavoratrici della cooperativa Donne Nissà hanno scioperato. In generale, la presenza di percorsi autorganizzati in grado di produrre rapporti con le RSU e pressioni verso i sindacati è risultata decisiva. Allo stesso tempo, su questo primo marzo si è sentita l'eco delle lotte contro la sanatoria truffa, a partire dall'occupazione della gru di Brescia e della torre di via Imbonati a Milano: questione ancora aperta nonostante i parziali successi ottenuti sul piano giudiziario.
Tutto questo comunque evidenzia più che mai la necessità di andare avanti nella riflessione su cosa sia oggi lo sciopero e sui limiti che continuano a essere posti attorno all'esercizio di quello che dovrebbe essere un diritto costituzionale, individuale e inalienabile.
La maggior parte delle mobilitazioni è durata lo spazio di un giorno, ma in alcune città (Palermo e Reggio Calabria, per esempio) le iniziative sono state "spalmate" in un arco temporale più ampio, spaziando territorialmente e coinvolgendo dunque segmenti diversi di popolazione: studenti, scolari, associazioni antirazziste, passanti occasionali.... Una bella sorpresa è stata la partecipazione nel mezzogiorno. In Sicilia in particolare, anche per effetto della vicenda di Noureddine, c'è stato un grande fermento e Palermo è diventato il punto di riferimento per varie realtà regionali. Importante anche il convolgimento di Rosarno e di altri centri agricoli dove lo sfruttamento del lavoro migrante rappresenta un costume radicato e generalizzato. Elementi positivi che hanno caratterizzato le mobilitazioni in molte città sono stati la partecipazione attiva delle cosiddette seconde generazioni, figli e figlie di migranti, e quella delle donne migranti. In alcuni casi (Rosarno e Trieste, per esempio) a causa delle condizioni metereologiche avverse le manifestazioni sono state posticipate.
Crediamo però che il principale successo, pur con tutti i problemi, del 1 marzo sia stato quello di mettere in circolazione l'esperienza dello sciopero del lavoro migrante come sciopero di tutti, della condizione migrante come elemento di precarizzazione e ricatto di tutto il lavoro, e di proporre perciò il tema dello sciopero come elemento di mobilitazione. Il primo marzo è stato dove si è dato uno sciopero reclamato dal movimento e non proclamato dall'alto. Ciò ci spinge a guardare al futuro da questo punto di vista, intrecciando la lotta contro il razzismo istituzionale e per il protagonismo dei migranti con il tema del diritto di sciopero e delle nuove forme che lo sciopero può assumere. Per questo, mentre iniziamo una riflessione su come proseguire il percorso del 1 marzo, crediamo sia importante essere presenti negli ambiti di discussione che su questi temi si produrranno sin dalle prossime settimane.
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