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"Non ci risulta che nel palazzo abiti una persona di colore nero"

mercoledì 17 marzo 2010





“Non ci risulta che nel palazzo abiti una persona di colore nero”… L’agghiacciante cartello affisso in un condominio milanese dice più di mille articoli e trattati dell’abisso razzista in cui sono precipitati questo nostro Paese e anche Milano, la città che ha costruito la sua fortuna di “capitale morale” sull’accoglienza e sull’apertura. E’ difficile anche descrivere l’orrore che fa la normalità piatta di questo pezzo di carta; è impossibile non farsi venire alla mente altri pezzi di carta, quelli con cui alla fine degli anni ‘30 le persone venivano richieste di non entrare nei negozi per via della loro “razza”, versione antica ma non differente dal “colore” di oggi. Come abbiamo potuto consentire che tutto questo succedesse di nuovo, come possiamo non accorgerci che il razzismo è di nuovo qui tra noi, sdoganato da una politica che consente a se stessa, con l’assoluta impunità, di usare parole taglienti come lame. Che ha educato gli italiani a considerare legittima la violenza verbale, anche quella asciutta, di tono burocratico e amministrativo, di questo cartello nazista. Non sono solo le Santanchè e i Calderoli, i Borghezio e le Mussolini che blaterano in televisione. Sono anche quei rispettabili signori deputati e senatori che ti dicono in modo amabile che è questione di proteggere l’italianità, i nostri valori, e di conseguenza votano leggi ignobili come quelle che il Parlamento italiano ha sfornato (il reato di clandestinità, ve lo ricordate?) o impediscono che anche l’Italia affermi principi universali di civiltà in tema di cittadinanza e di rispetto (la legge Sarubbi-Granata è ferma ai box, e la legge contro l’omofobia di Paola Concia sappiamo bene com’è finita). L’omofobia, il razzismo, l’odio, la limitazione dei diritti altrui senza ragionevoli motivi sono diventate la norma, l’abitudine. Si è legittimata la preminenza del più forte, del cittadino di “colore bianco” direbbero in quel condominio, nella logica che la maggioranza vince: vince sulle regole, vince sulle leggi, vince sul buon senso, vince sulla civiltà. E’ il corollario di quindici anni di Berlusconismo, del lavacro del consenso che rende tutto legittimo e inarrestabile, della cura dell’interesse proprio, dell’eliminazione delle regole della civile convivenza basata sulla limitazione della propria libertà lì dove comincia quella degli altri.

(Ivan Scalfarotto)

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