Quest'anno sarà un primo marzo diverso, lo sarà perché sono accadute tante cose in questo ultimo anno, che abbiamo attraversato e che ci hanno cambiato. Stiamo vivendo una fase storica in cui attraverso la crisi, il capitalismo sta cercando di ridefinire un nuovo modello di società, di riplasmare i rapporti di forza, di mettere in discussione lo stato sociale di comprimere ulteriormente gli spazi di democrazia ed agibilità sociale. La violenza del comando e dello sfruttamento viene agita continuamente sulla pelle di quante e quanti vedono le proprie vite ridotte all’archetipo della precarietà a partire dai migranti.
Lo abbiamo visto nella vertenza diffusa anche a Rimini e in tutto il territorio nazionale, Brescia in primis, sulla questione della sanatoria truffa colf e badanti, così come sulle gravi forme di sfruttamento agito, anche nel nostro territorio, dove costituisce un elemento strutturale del sistema economico riminese, ai danni dei lavoratori e lavoratrici stagionali, migranti e non.
Questa crisi però, ci ha chiamato e ci chiama ad agire e a prendere parola ogni giorno, ed è quello che abbiamo fatto nelle nostre reti dal 1 marzo del 2010 ad oggi. Per questo dobbiamo continuare ad indignarci, come abbiamo fatto tutte e tutti insieme il 13 febbraio in piazza Cavour, non solo per i festini di Arcore, ma perché questa crisi continuiamo a pagarla noi. Noi migranti, noi studenti e studentesse, noi precari e precari, noi operai e operaie, noi lavoratori e lavoratrici.
La stiamo pagando a caro prezzo con le nostre vite, messe sotto ricatto dal modello Marchionne, dalla riforma Gelmini, dal collegato lavoro, la stanno pagando a caro prezzo i e le migranti private di diritti, dignità, giustizia grazie a finte ricette contro l'immigrazione irregolare come la sanatoria truffa o il decreto flussi, o l'introduzione di una norma selettiva e discriminatoria come l’accordo d’integrazione firmato da Maroni, che utilizza la lingua come ulteriore feticcio attraverso il quale continuare ad espellere e a stigmatizzare i e le migranti. A Lampedusa, in questi giorni, stiamo assistendo ad una falsa e distorta emergenza finalizzata a legittimare misure disumane di contenimento, espulsione e smistamento di più di 5000 immigrati tunisini. L'emergenza è di tutti quei migranti e quelle migranti, che invece di trovare adeguata accoglienza nelle strutture presenti e il diritto di scegliere dove vivere e cambiare la propria condizione, hanno dormito per giorni nelle strade di Lampedusa o sono stati respinti nei centri di detenzione come accaduto a Bologna. L'emergenza è di coloro che per effetto di una politica securitaria, sono stati spediti nei tanti C.A.R.A. presenti sul territorio nazionale. Dobbiamo denuciare false propagande e garantire un'altra sicurezza a chi vive in una condizione di precarietà e di marginalità, il diritto ad essere accolti ma non solo un diritto d'asilo europeo.
Il primo marzo dello scorso anno si è caratterizzato per uno slogan: una giornata senza di noi. Ma nel 1 marzo del 2011 questo noi non esprime più una parzialità esclusiva della soggettività migrante, ma si moltiplica e si declina dentro la necessità che questa giornata si trasformi nella costruzione di una proposta di alternativa radicale a questa società, per uscire tutti e tutte insieme ed uniti dalla crisi. Una giornata senza di noi, studenti, precari, migranti, operai, disoccupati, pensionati questo sarà il 1 marzo 2011.
Una giornata orientata non a creare uno spazio di ulteriore ghettizzazione, di parzialità esclusiva, ma lanciata nel tentativo di ricostruire soggettività all’interno di giornate che si perdono sempre di più nella mesta spirale della liturgia della memoria. L’8 Marzo, il 25 Aprile ed il 1° Maggio sono gli spazi naturali in cui ricostruire una soggettività diffusa, plurale, del mondo del lavoro, degli studenti, dell’universo migrante delle donne e degli uomini che subiscono la quotidianità di una restaurazione capitalista in forma sempre più autoritaria e brutale.
Non si tratta però di un'ipotesi utopica ma della necessità concreta di riuscire a trasformare quell'accumulo di lotte e vertenzialità dei e delle migranti che si sono diffuse in tutta Italia (Brescia, Reggio Emilia, Caserta, Nardò, Rosarno) ed anche nella nostra città, intorno al nodo della regolarizzazione permanente contro lo sfruttamento, lotte e vertenzialità che hanno indicato con grande dignità e rabbia che vi è una possibilità. E questa possibilità di cambiamento va costruita insieme perché sia percorribile perché sia efficace, perché sia capace di riaffermare: il diritto alla vita contro la morte, il diritto di scelta contro la clandestinità forzata, il diritto al reddito di cittadinanza, il diritto allo studio fuori dalla privatizzazione dei saperi, il diritto ai beni comuni, come qualcosa di inalienabile e di tutti, il diritto al lavoro senza lo sfruttamento.
Per queste ragioni il primo marzo 2011, vuole essere una giornata che si inserisce nel grande ciclo di lotte che ha caratterizzato questi ultimi mesi, e che ha visto la centralità e necessità dell'unità, della ricomposizione, non come mera forma solidaristica fra resistenze e istanze politico/sociali, ma proprio come possibilità di costruire un'alternativa a questo capitalismo e a questo biopotere che sfrutta i nostri corpi e confina la nostra mobilità conferendo centralità alle pratiche sociali ed alla costruzione di reti solidali attorno alle lotte ed al conflitto.
Per ultimo non possiamo non guardare, pensando alla costruzione di questa grande giornata di iniziativa, alla grande lezione di democrazia, determinazione, volontà che ci hanno insegnato i fratelli e le sorelle tunisini ed egiziani, che hanno affermato con grande coraggio di voler cambiare e sovvertire i regimi autoritari che li governavano da decenni. È proprio grazie a questa lotta per il diritto alla vita fuori dall'oppressione e dallo sfruttamento che impariamo un'altra grande lezione: contrapporre alla rincorsa del sogno capitalistico come esodo dalla condizione di vita, l’indisponibilità a migrare forzatamente e a dover ricercare un altro luogo dove vivere che non sia quello scelto. Pertanto il diritto di scegliere dove abitare e cambiare la propria condizione, non come limitazione della mobilità dei corpi, ma bensì come autodeterminazione.
Il primo marzo allora sarà un'occasione per tornare in piazza, e per chiedere uno sciopero generale e generalizzato per bloccare gli ingranaggi dello sfruttamento che subiamo e sottrarci alle barbarie e alle iniquità di questa società.
Diamoci da fare fin da ora per costruire una grande giornata di lotta e iniziativa, per riprenderci il nostro futuro senza cedere ad alcun ricatto. Indisponibili allo sfruttamento, cooperanti per i beni comuni!
Promuove:
Uniti contro la crisi Rimini
Prime adesioni:
Riminesi globali contro il razzismo, Lab. Paz Project, CSA Grottarossa Spa, Ass. Rumori sinistri, Ass. a la calle!, Collettivo studenti riminesi,
Per adesioni: primomarzo2011rimini@gmail.com
http://primomarzo2011rimini.blogspot.com/
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