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Al pronto soccorso. Da clandestino.

martedì 23 febbraio 2010

Immigrati con fratture che, dopo il gesso, faticano a trovare una struttura che lo rimuova. Ferite suturate con punti che non vengono rimossi. Questa è la realtà che affrontano immigrati irregolari che secondo la legge hanno diritto alle cure essenziali, ma non ad altro. Allora, il gesso te lo metto ma non lo tolgo. Al loro fianco, associazioni di volontari che fanno andare avanti la “carretta” dell’assistenza agli ultimi.


Il Sole-24 Ore fa un interessante viaggio nella multiforme applicazione del diritto del “clandestino” alle cure mediche. Anche la burocrazia può essere mezzo di discriminazione. Se non sai la lingua e se magari non conosci i tuoi diritti, può succedere che il diritto alle cure sancito da una legge, il Dl 286/98, diventi una chimera. Rimbalzato da un ospedale che concede le cure ad uno che invece non lo fa, da una Regione che applica ad una che “forse” applica.


Se poi trovi un medico come il Senatore Rizzi da Besozzo che ti vuole denunciare perché irregolare sono cavoli.


La razionalità della legge lascia il posto al caos dell’arcipelago italiano.


Tutto questo, quando il Censis pubblica un’indagine secondo la quale l’80% degli italiani vuole che il sistema sanitario nazionale curi anche gli immigrati irregolari. Evviva.

(http://andreacivati.ilcannocchiale.it)

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