Pubblichiamo il comunicato del Coordinamento per lo sciopero del lavoro migrante in Italia come contributo alla discussione sul 1 marzo 2010, sciopero degli stranieri:
«Gli esperti dicono che il grande freddo durerà fino ad aprile. La
primavera è lontana. Per non parlare di sciopero si parla perciò di
primavera antirazzista. Chi non vuole parlare di sciopero, d’altra
parte, trova buoni argomenti in tutte le stagioni. Quando non sa più
cosa dire, dice che si tratta di uno sciopero etnico, che è dannoso,
che è un modo per strumentalizzare il disagio dei migranti.
Siamo solidali con il Coordinamento nazionale Primo Marzo 2010 che ha
respinto con decisione tutte queste accuse. Non c’è niente di etnico
nel riconoscere che i migranti e le migranti, come lavoratori e
lavoratrici, vivono una condizione specifica perché regolata dalla
legge Bossi-Fini e dal “pacchetto sicurezza”. Non si produce nessun
danno se si affermano sui posti di lavoro i propri diritti contro il
razzismo istituzionale di questo Stato. Ci vuole un’idea davvero
misera dei migranti se si pensa che si facciano usare e non siano in
grado di capire quali sono i loro interessi.
I migranti sanno che l’inverno è freddo e lungo. I migranti sanno di
vivere una condizione specifica e particolare che riserva loro
quotidianamente una terribile differenza dentro al lavoro e nella vita
quotidiana, prima che nella cultura e nelle coscienze degli altri. I
migranti sanno che sono gli unici che possono essere espulsi se
perdono il lavoro. I migranti sanno che l’uguaglianza è qualcosa per
cui bisogna lottare e non una condizione di partenza.
Tutte le manifestazioni di solidarietà che il primo marzo denunceranno
l’ingiustizia che colpisce i migranti sono estremamente importanti.
Verso il primo marzo si tratta di costruire insieme tutti questi
percorsi di solidarietà, sapendo però che al centro deve rimanere lo
scandalo quotidiano della condizione dei migranti.
La primavera è lontana, così come la fine della crisi. Sappiamo che
cassa integrazione e licenziamenti sono all'ordine del giorno, e che
colpiscono duramente i migranti proprio per la loro condizione
specifica. Cassa integrazione e licenziamenti sono del resto strumenti
usati contro i lavoratori affinché nella crisi non cambino i rapporti
di potere. Non è dichiarando la fine del lavoro e l'impossibilità
dello sciopero che si può iniziare una lotta contro il razzismo che
coinvolga tutti: le lavoratrici e i lavoratori senza il problema del
permesso di soggiorno, e i milioni di migranti che - con o senza
permesso - ogni mattina vanno al lavoro. Proprio per questo invece lo
sciopero rimane il mezzo fondamentale con cui i migranti possono
affermare la propria presenza incancellabile. Esso diventa il loro
«certificato di cittadinanza». Noi crediamo che il primo marzo i
migranti debbano essere protagonisti, come avviene in Francia, perché
i migranti sono per necessità i primi antirazzisti e per imposizione i
primi precari. Le differenze smetteranno di essere gerarchie quando i
lavoratori e le lavoratrici italiani si asterranno dal lavoro contro
la legge Bossi-Fini per i migranti e con i migranti».
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