Personaggi: Il poliziotto Ubaldo / Il poliziotto Antonio / Quelli che arrivano.
Scenario: Ingresso controllo passaporti aeroporto di Fiumicino.
Epoca: attualissima.
Lo guardò, sorpreso. Una riga di sangue scorreva dalla bocca di quel … quel … come chiamarlo? Ubaldo prese in mano il passaporto del nuovo arrivato:
- Quanto tempo ha intenzione di rimanere in Italia?
- Non lo so.
Quel … come diavolo chiamarlo?, aveva una voce rauca e un alito con odore di bruciato.
- Aspetti un momento.
Era la prima volta che a Ubaldo succedeva una cosa simile. Andò allo sportello del suo compagno di lavoro.
- Antò, che faccio con quello?
- Ha i documenti in regola?
- Sì.
- Allora, fallo passare.
Ubaldo ritornò al suo sportello:
- La lascio entrare ma non può rimanere più di tre mesi - disse. - Ha un visto da turista. Dove alloggia?
- All’ospedale più vicino.
- Ospedale?
- Sono ferito, non lo vede? È stato il santo. Non mi lasciava in pace; finalmente sono riuscito a scappare.
- Perché ha scelto l’Italia?
- Sono figlio di un italiano. Mio padre era un pittore.
- Di pareti?
- No, di quadri.
- È vivo?
- No, morto.
- Come si chiamava?
- Chi, mio padre?
- Sì.
- Uccello.
- Lei è figlio di un uccello?
- Sì, di nome Paolo.
- Paolo?
- Uccello, appunto!
- A punto?
- Sì.
- La “A” per cosa starebbe?
- Non capisco la domanda.
- Mi ha detto che suo padre si chiamava Paolo A punto?
- Il nome di mio padre era Paolo Uccello
- Ma lei, da dove viene?
- Io?
- Certo, lei.
- Da Londra.
- Ha una professione?
- Io?
- Lei, certo.
- Faccio il drago.
- Ah, ecco, mi pareva un tipo strano. A dire la verità, è la prima volta che timbro il passaporto di un drago. Ma mi tolga una curiosità: che viene a fare in Italia?
- Non era più possibile vivere con Giorgio.
- Giorgio?
- Il santo! Mi ha reso la vita insopportabile con quella lancia. È vero che un drago che si rispetti deve pur perdere un po’ di sangue. Anche Michele si divertiva con la spada, ma non mi ha mai dato fastidio.
- Michele?
- L’Arcangelo.
Si ode un nitrito. Ubaldo si innervosisce:
- In fila reclamano. Non mi faccia perdere più tempo.
Timbra il passaporto del drago e senza guardare, dice al primo della fila, al di là della linea gialla:
- Avanti!
Gli è consegnato un passaporto. Ubaldo vede la foto nel passaporto. Si gira di scatto:
- E lei chi sarebbe?
- L’Unicorno.
Ubaldo non è mai uscito dal Lazio: il suo viaggio più lungo è stato una gita a Frosinone. Davanti a sé vede un cavallo con un lungo corno:
- Da dove viene?
- Conosce l’arazzeria?
- L’Algeria?
- Ho detto arazzeria.
- Antò, dove rimane l’Arazzeria?
- Boh!
Un nuovo nitrito si fa sentire.
- Signore …
- Unicorno.
- L’Arazzeria dove si trova?
- In Francia.
- Lei viene dalla Francia?
- Sì.
- Allora non complichiamo le cose. Lei deve dichiarare un solo posto di provenienza. Arazzeria, non va bene, non ispira fiducia. Francia, invece, va bene, è un paese civile.
- La mia dama …
- Dov’è?
- Arriva con il prossimo volo.
- Ah, vada avanti!
L’unicorno entra.
- Il prossimo! - dice Ubaldo.
Si presenta un essere mostruoso: ha orecchie e naso da maiale, enorme bocca rossa con zanne gialle. Anche gli occhi sono gialli; ha un solo piede umano; l’altro è una zampa scura dotata di artigli; in testa, un nido di capelli con due uccelli neri con i becchi aperti.
- Favorisca il passaporto - dice Ubaldo.
Il mostro glielo consegna. Ubaldo si sorprende:
- Lei è il dio del vento e del tuono?
- Sì.
Con terrore mescolato a fascino, Ubaldo guarda il mostro appena arrivato:
- Da dove viene?
- Dalla terra del Sole Levante.
- Come?
- Dal Giappone.
- Ah.
Il mostro si avvicina al vetro dello sportello e sussurra con aria confidenziale:
- Sono scappato da un paravento.
Ubaldo non sa cosa sia un paravento; osa fare ancora una domanda:
- In Giappone si sta bene, che ci viene a fare in Italia?
- Vengo a liberare gli elementi.
Ubaldo non sa cosa siano gli elementi ma di solito sono gli eroi a liberare gli altri.
- Sa che non potrà rimanere più di tre mesi, vero?
- Più che sufficiente - risponde il mostro.
- Passi pure.
Dopo aver timbrato il passaporto del mostruoso dio del vento e del tuono, Ubaldo sospira:
- Mamma mia, oggi mi stanno a capitare dei tipi strani. Avanti, il prossimo!
Si avvicina una donna minuta dalla pelle del color del rame, gli occhi a mandorla. Sulle spalle un poncho dai colori vivaci. La donna consegna il passaporto a Ubaldo e gli sorride. Ah, pensa Ubaldo, finalmente qualcuno mi regala un sorriso. Guarda il passaporto:
- Sei peruviana?
- Sí, señor.
- Parli l’italiano?
- No, señor.
- Che vieni a fare in Italia?
- Sí, señor.
- Sì, cosa? Non ti ho fatto una domanda.
- No, señor.
- Hai un contratto di lavoro?
- Sí, señor.
- Me lo fai vedere?
- No, señor.
- Non puoi entrare.
- Señor, quiero trabajar!
- Guarda, io non capisco la tua lingua. Vedi quella sala? Ecco, va’ direttamente lì e mostra i tuoi documenti.
La peruviana s’incammina verso la sala indicata da Ubaldo.
- Antò, hai visto che carina? È vero che sono tutti belli dopo quel dio giapponese … Che giornata!
Va da Antonio e si versa del caffè dalla bottiglia termica dell’amico. Quelli della fila aspettano.
- Antò, ho fatto entrare quel mostro e non ho fatto passare la peruviana. Non mi sembra giusto. Tu che dici? Hai visto quanto era garbata? Sì, signor, no signor.
Ubaldo sorbe lentamente il caffè. È preoccupato.
- Sai che ti dico? Quella donna potrebbe lavorare come badante da mia nonna.
Finisce il caffè, ritorna al suo posto. Si siede ma non riprende subito il lavoro. I suoi occhi sembrano vedere qualcosa lontano. Tutto ad un tratto, si alza e in uno scatto raggiunge la peruviana:
- Dammi il tuo passaporto. Ti metto il timbro.
- Sí, señor.
Ubaldo scarabocchia il numero di telefono di casa sua:
- Chiamami questa sera.
- No, señor.
- Ti trovo pure il lavoro.
- Sí, señor.
Mille volte meglio, pensa Ubaldo, lasciare nonna Palmerina con te che con un drago, un cavallo cornuto o un mostro giapponese.
La peruviana saluta e se ne va.
- Il prossimo! - grida Ubaldo.
È una donna alta, muscolosa, dalla pelle e dal sorriso molto chiari. Dio mio, pensa Ubaldo, finalmente gente che sorride, ringrazia, saluta. Insomma, gente come noi!
-Passaporto – dice.
La donna gli porge il passaporto.
- Sei dell’Ucraina.
La donna fa di sì con la testa.
- Parli italiano?
- Un poco. Sono tornata per riprendere lavoro.
- Cosa facevi?
- Badante di signora novantenne.
- Mi fai vedere il tuo contratto di lavoro?
- Non ho.
- Questo è grave. Non puoi entrare senza il contratto.
- Può parlare con figlia signora dove lavoro.
- Non posso farci nulla. Devi ritornare in Ucraina.
- Signora molto vecchia. Ha bisogno di me.
Santo cielo, pensa Ubaldo, ho fatto entrare la peruviana per nonna Palmerina e come faccio a rifiutare l’ingresso a questa donna che lavora presso un’altra nonna? Ho fatto passare un cavallo con un corno ficcato in mezzo alla testa e adesso faccio ritornare questa in Ucraina? Si vede che è una brava persona. Viene per lavorare. Ah, le timbro subito il passaporto, non chiedo neanche il parere di Antonio.
- Avanti, entra pure.
- Risolto problema?
- Sì, risolto.
- Grazie.
Un giovane nero era già davanti allo sportello e gli porgeva il documento.
- Tu sei …
- João da Silva, enfermeiro.
Il giovane mostra un rettangolo di carta:
- O meu diploma.
- Da dove vieni?
- Brasil.
- Ti ha chiamato qualche ospedale?
- Não.
Ubaldo si ricorda di aver sentito che le porte d’Italia si sarebbero aperte agli infermieri del terzo mondo. Ce n’erano di posti per loro. D’altra parte, gli italiani continuavano a invecchiare … Troppa fatica negli ospedali … Ubaldo mette un timbro sul foglio del verde passaporto che ha davanti a sé:
- Benvenuto in Italia!
Il brasiliano alza il pollice della mano destra:
- Obrigado!
E arrivarono altri uomini e donne con passaporti di vari colori. Ubaldo li lasciò entrare. Tutti. Ogni volta, pensava: che persona normale, sana, niente corno in testa, né zampa né artigli, niente bocca che puzza di bruciato. È di gente così che l‘Italia ha bisogno! Il drago aveva i documenti in regola ma di sicuro provocherà delle risse: non aveva litigato persino con il santo? L’unicorno magari tirerà la carrozza di qualche vetturino, ma come farà a gestire quell’enorme corno nel traffico di Roma? Il dio giapponese sarà scambiato per un pazzo furioso da qualche vigile che gli ricorderà che il carnevale da mo’ che è finito. Non è meglio aprire l’Italia alla gente che lavora e sorride, che dice buon giorno e non dimentica il grazie?
In quel momento, Ubaldo pensò alla peruviana che avrebbe lavorato da nonna Palmerina. Il cuore gli batté più forte e, quasi senza accorgersene, abbozzò un sorriso clandestino:
- Avanti, il prossimo!
* christiana de caldas brito (pubblicato sul el ghibli, settembre 2009).
Related Posts:
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commenti:
I clandestini devono essere cacciati e chi fomenta la clandestinità deve essere messo in galera.+
1 marzo 2010 alle ore 15:54Franco Pansera
LEGA NORD
sezione di Ciserano Bergamo
Posta un commento